I Nuovi Modelli di Empatia
maggio 30, 2019by Digital FormedicaComunicazioneMedicina Narrativa
Una nuovissima ricerca del Max Planck Institute di Berlino e del Sante Fe Institute (Mafessoni & Lachmann, 2019) ha tentato di dare una risposta ad alcuni processi cognitivi legati all’empatia
Questo articolo è ripreso da State of Mind – il giornale delle scienze Psicologiche. Per visualizzare l’articolo originale, cliccare su questo link.
Due autori, in particolar modo, hanno tentato di spiegare quali siano i processi cognitivi che sottostanno ad una grande varietà di risposte empatiche negli individui, specificatamente si sono concentrati su:
- Contagio emozionale;
- Sbadigli contagiosi;
- Patologie psichiche come la ecoprassia (ovvero la ripetizione compulsiva dei movimenti che un dato individui osserva negli altri) e la ecolalia (ripetizione compulsiva dei discorsi sentiti).
Secondo Fabrizio Mafessoni, ricercatore post-dottorato presso l’Istituto Max Planck per l’antropologia evolutiva, infatti, i modelli teorici standard delle origini dell’empatia tendono a focalizzarsi su scenari basati sulla cooperazione tra simili.
Mafessoni, e il suo co-autore Michael Lachmann, un biologo teorico e professore all’Istituto Santa Fe, hanno esplorato la possibilità che i processi cognitivi sottostanti un’ampia gamma di risposte empatiche – tra cui i tre processi soprammenzionati – potrebbe evolversi anche in assenza di meccanismi che mirano a favorire la cooperazione tra individui.
Secondo i due autori gli esseri umani, e più in generale tutti gli animali, possono mettere in atto dei comportamenti volti a stimolare le menti dei propri simili, il che non vuol dire che riescano ad entrare all’interno della mente degli altri, le quali restano impenetrabili come delle scatole nere. Più semplicemente i due ricercatori affermano che alcuni comportamenti vadano a stimolare a livello cognitivo le menti degli altri individui. Tali atti stimolativi non sarebbero quindi volti a un qualche tipo di cooperazione tra individui.
Empatia: i vantaggi
Tali comportamenti sono vantaggiosi per gli umani, in quanto permettono ai soggetti che osservano un individuo agire un dato comportamento (ad esempio ridere o sbadigliare) di poter inferire quale sia il suo stato mentale.
È proprio questo il motivo individuato da Mafessoni e Lachmann per spiegare come e perché evolva il sistema empatico in questione: l’origine dell’empatia non risiederebbe nella semplice spinta a cooperare ma andrebbe ricercata nel bisogno degli individui di comprendere gli altri esseri umani.
Il loro modello suggerisce che i sistemi empatici non si evolvono solo perché gli individui sono disposti a cooperare. Si evolvono anche perché gli animali simulano gli altri per immaginare le loro azioni. Secondo Mafessoni:
L’origine stessa dell’ empatia può risiedere nella necessità di comprendere gli altri individui.
Secondo i due autori il loro studio potrebbe cambiare completamente il modo di pensare l’essere umano e gli animali. Effettivamente il loro modello riesce nell’intento di unificare in un singolo meccanismo cognitivo una grande varietà di fenomeni empatici. Certo è che, però, saranno necessari ulteriori studi ed approfondimenti per poter validare maggiormente tale modello.
Questo articolo è ripreso da State of Mind – il giornale delle scienze Psicologiche. Per visualizzare l’articolo originale, cliccare su questo link.